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Tra qualche giorno sarà Carnevale e, come ogni anno, molti realizzeranno il loro desiderio di trasformarsi per qualche ora assumendo le sembianze di qualcuno o qualcosa di diverso dall’ordinario.

Già in occasione della festa di Halloween sono state molte le polemiche circa una pratica ancora ampiamente diffusa che sembra contorcere gli intestini di alcuni di noi. Si tratta di ciò che viene comunemente chiamato Blackface, ossia il dipingersi la faccia con trucco scuro per sembrare un nero.

Ora, per quanto questo gesto possa apparire innocuo alla maggioranza delle persone, soprattutto bianche suppongo, ci sono alcune considerazioni che non andrebbero sottovalutate.

Iniziamo innanzitutto dicendo che il Blackface era uno stile di make-up teatrale diffusosi nel XIX secolo, che consisteva nel truccarsi in modo estremamente marcato per ottenere questo risultato…

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Il Blackface veniva utilizzato per rappresentare la parodia dell’uomo nero, stigmatizzando le sue caratteristiche fisiche che diventavano parte integrante di un’ironia caricaturale basata su stereotipi razzisti come lo “spensierato negro delle piantagioni” e il “negro dandy”. C’erano poi Mammy, lo zio Tom, la mulatta provocante o il soldato. Personaggi generalmente pigri, ignoranti e superstiziosi dotati di una passione smodata e ridicolizzata per il ballo e la musica.

Minstrel Show erano gli spettacoli teatrali all’interno dei quali gli attori ricorrevano a tale trucco mostrandosi sulla scena con faccia dipinta di nero, labbra giganti e guanti bianchi.

menu_Coon_Chicken_Inn_1930Questi spettacoli furono molto in voga negli Stati Uniti e i personaggi in essi rappresentati inspirarono una vera e propria iconografia. L’immagine del Darky iniziò ad apparire nelle pubblicità, nelle favole per bambini, nei cartoni animati, nei marchi dei prodotti e via dicendo, diffondendosi ben oltre i confini statunitensi e contribuendo a consolidare lo stereotipo del buon nero selvaggio e scansafatiche.

Il Blackface continuò ad essere praticato e tollerato anche nel corso del XX secolo. Fortunatamente però, anche grazie al diffondersi delle proteste dei movimenti per i diritti civili, esso assunse negli anni ’60 una connotazione negativa e fu considerato inaccettabilmente razzista e offensivo nei confronti della comunità nera, quindi messo al bando.

Per tali ragioni, esso è oggi percepito da molti neri come un gesto profondamente razzista che, a prescindere dalle buone intenzioni di chi lo compie, rievoca immagini piuttosto sgradevoli.

In Italia, il Blackface rimane una pratica abbastanza diffusa e accettata, probabilmente a causa della scarsa consapevolezza riguardo le sue origini storiche e la sua valenza simbolica.

Qualcuno obietterà che il nostro paese ha una storia ben diversa rispetto agli Stati Uniti in materia di discriminazioni e conflitti razziali, come non essere d’accordo! Tuttavia, risponderei a costoro che, purtroppo, l’immagine svilente e stereotipata dei neri, derivante anche dalle rappresentazioni caricaturali del Darky e dei Minstrel show, quindi del Blackface, è ancora appiccicata come un’etichetta indelebile sulla pelle dei neri sparsi per il mondo e, in particolar modo, in Italia. È anche da lì che deriva l’idea secondo la quale i neri sono, ad esempio, dei “bingo bongo” mangia banane…vi ricorda qualcosa?

Beh, se in Italia negli anni ’80 eravamo qui:

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Oggi stiamo ancora così:

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Dal mio punto di vista, auspicherei un leggero passo avanti in tal senso, ma mi rendo conto che ogni sensibilità ha confini specifici, quindi, mi auguro solamente che alla prossima festa in maschera riflettiate su questo argomento per qualche secondo, prima di impiastricciarvi il volto con ambigue sfumature di nero.

Sull’argomento consiglio la visione del film Bamboozled di Spyke Lee, qui in versione inglese:

N.B. L’utilizzo di termini dispregiativi come “negro” e “mulatta” è motivato dalla scelta di mantenere inalterato il tenore del linguaggio che veniva utilizzato in quei contesti.