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antiracLe 10 cose da non dire mai, ripeto mai, a un antirazzista nero perché sa che le dirai ancor prima che tu stesso te ne renda conto e dopo averlo fatto ti guarderà senza proferire parola per qualche secondo perché ti starà già immaginando legato a una sedia, con gli occhi forzatamente spalancati tipo Arancia Meccanica, costretto a sorbirti per ore i discorsi di Salvini su un mega schermo in dolby surround e se questa tortura non ti spaventa abbastanza, vuol dire che per te ormai non c’è più nulla da fare! Sospirerà e cercherà di farti capire il motivo per il quale ciò che dici non va e se insisterai vedrai i suoi occhi rivolti al cielo, in segno di quasi rassegnazione, perché no, neanche tu apparentemente ce la puoi fare, ma resterà sempre con un briciolo di speranza perché con un piccolo sforzo magari…

  1. Il razzismo non esiste 

Vivdenialere in una società in cui l’essere bianco è considerato la normalità e tutto il resto un’eccezione fa sì che molte persone non si rendano nemmeno conto dei numerosi privilegi di cui godono e che consentono loro persino di negare un’evidenza talmente lampante da accecarne il buon senso.

Infatti chi rientrando nei canoni di quella bianca normalità costruita ad hoc per rassicuralo e proteggerlo non subisce il razzismo, lo percepisce come qualcosa di irreale.

Il fatto che esso non ci riguardi non vuol dire che non esista, significa soltanto che sono altri a pagarne le conseguenze. Negare l’evidenza solo perché non è il nostro orgoglio ad essere ferito o la nostra dignità ad essere calpestata ci rende complici di questo sistema razzista.

Quindi fidatevi, il razzismo esiste eccome!

  1. Non sono razzista, ma…

RazzismoSe c’è un “ma” vuol dire che un po’ lo sei. Dichiari di non esserlo perché sai che non è una bella etichetta, tu sei borghese, istruito, cattolico, tollerante e ci tieni a sottolineare il fatto che non vuoi essere associato a quei brutti ceffi di Casa Pound. Ciononostante, bisognerà pur difendersi dal clandestino illegale, dall’uomo nero che porta le malattie, dal mussulmano terrorista, dal rom ladro innato, dall’albanese violento nel DNA, cioè da tutti quelli che si avvicinano troppo al tuo spazio vitale.

Non pensi di essere razzista, ma ti stanno sul cazzo un po’ tutti quelli che non ti assomigliano, diciamolo!

  1. Non sono razzista, ho anche un amico di colore

black-friend È la classica frase di chi cerca di giustificarsi quando gli fai notare che sta esprimendo concetti profondamente razzisti, ma non vuole ammetterlo. Sia chiaro, avere un amico nero (e non di colore ti prego!) non è la prova provata del tuo antirazzismo e non stempera in alcun modo le tue uscite razziste. Probabilmente apostroferai il tuo amico con epiteti spiritosi come negretto, anzi penserai pure di poter utilizzare il termine negro, perché “Siamo amici no? Mica ti offendi?”. Di fronte a lui parlerai di quello sporco immigrato che proprio ti intossica la vita e cercherai la sua complicità mentre con orgoglio gli dirai: “Ma tu non sei come loro”, pensando pure di fargli un complimento. E lui sorriderà mestamente e non ti manderà a cagare perché tanto è stato abituato a non farci troppo caso alle teste di cazzo che offendono tutti i neri indiscriminatamente tranne te che sei un amico!

  1. Siamo tutti uguali, non noto il colore

equalGrrrr, questa è l’espressione tipica del finto buonismo cattolico che mi fa venire gli emboli al cervello. Trascurando il fatto che se non vedi i colori sei daltonico e che siamo speciali proprio perché diversi gli uni dagli altri, questa frase ha il potere di sminuire in poche parole tutte le ingiustizie subite dalle minoranze, in questo caso dai neri. Dire che siamo tutti uguali riduce il razzismo a un fantasma che si manifesta solo nelle paranoie di chi si ritiene una vittima e non voler vedere la diversa attitudine con cui la società percepisce le persone in base al colore vuol dire essere concentrati esclusivamente sulla percezione della propria bianchezza.

Spesso questa frase va a braccetto con la prima, perché manifesta lo stesso atteggiamento di chi, da privilegiato, non si rende conto di ciò che vivono gli altri sulla loro pelle.

Certo, siamo tutti figli di Dio, ma alcuni devono sbattersi ogni giorno più degli altri per raggiungere gli stessi obiettivi, per avere gli stessi diritti e per guadagnarsi lo stesso rispetto.

Quindi, fai uno sforzo, perché se guardi bene noterai anche tu qualche differenza e forse a quel punto sarai pronto per batterti al nostro fianco per una vera uguaglianza!

  1. È solo ignoranza

ignoranzaConsiderando che non posso veramente immaginare che in Italia, nel 2016, un bianco di intelligenza nella norma, senza gravi patologie cerebrali e con un’educazione minima di terza media non sia in grado di distinguere il bene dal male e rendersi conto che considerare un altro essere umano come una scimmia è offensivo, che aggredire qualcuno verbalmente e fisicamente è sbagliato, che considerarsi superiore a qualcuno solo per il colore della propria pelle è presuntuoso e considerare l’altro inferiore per lo stesso motivo è discriminatorio. Il razzista è un razzista, punto. Smettiamola di ridimensionare il problema e di attenuare le sue colpe, perché così facendo legittimiamo le sue azioni e ce ne rendiamo implicitamente complici.

  1. Questo è razzismo al contrario

reverse-racismSuccede quando parli del privilegio bianco o critichi atteggiamenti chiaramente discriminatori e il tuo interlocutore si sente stizzito mettendosi sulla difensiva, perché l’idea di generalizzare sui neri ci può stare, ma il fatto di avere solo la percezione di sentirsi considerato come un membro della cultura dominante che gioca un ruolo di forza sulle minoranze questo proprio no. Quando sente che stai mettendo in discussione la sua immagine sociale parlando di privilegi, i suoi, e di discriminazioni, degli altri, lui non può essere d’accordo perché non è lui ad avere un privilegio, sono gli altri, i neri, ad essere sfigati. Cioè, mica lo ha deciso lui di che colore doveva nascere, no? Quindi perché dovrebbe sentirsi in colpa?

E proprio qui ti volevo, nessuno vuole farti sentire in colpa perché sei bianco o perché i neri sono discriminati per il loro colore. Se tu non lo sei, discriminato intendo, è solo perché vivi in una società in cui hai una posizione di favore grazie alla quale non subirai mai un razzismo al contrario, poiché la  minoranza non sarà mai in grado di imporsi culturalmente e socialmente per farti sentire un emarginato.

  1. Vedi il razzismo dappertutto.

blmEh sì, una volta riconosciuto, il razzismo lo vedi ovunque, perché c’è ed è frequente! L’errore più comune è credere che esso si esprima solamente nelle offese dirette e nei pugni sferrati, ma non è così. Queste sono le manifestazioni più dure ed evidenti, la cosa più difficile è riconoscere il suo lato subdolo ed insidioso, quello che si annida nelle frasi, nelle occhiate, nei ghigni e nei gesti della gente, talmente radicati nella nostra normale visione bianca del mondo da non rendercene neanche conto fino al giorno in cui qualcuno ce lo fa notare.

  1. Sei troppo suscettibile/vittimista

vittimDover difendere le proprie posizioni antirazziste con chi sminuisce il peso sociale e personale del razzismo è irritante e frustrante, perché quando ti dicono che sei troppo permaloso o vittimista intendono dire che dai troppa importanza a qualcosa che non la merita. Non facciamo le vittime, siamo vittime del razzismo ed è bene che vi entri in testa una volta per tutte. Mi è capitato di venire offesa, insultata, ridicolizzata, spintonata, cacciata, umiliata, derisa, rifiutata per il fatto di essere nera e non posso accettare che qualcuno, dall’alto della sua confortevole bianchezza, si permetta di sminuire il peso del mio vissuto, di giudicare la veridicità delle mie emozioni, di criticare la forza delle mie reazioni. Perché nessuno dovrebbe mai permettersi, in fondo, di screditare una vittima per giustificare il suo carnefice.

  1. Siete voi che vi ghettizzate

weQuando si creano gruppi o comunità che hanno come carattere fondante l’idea di riunire persone nere scattano subito le accuse di ghettizzazione, come se i componenti avessero l’intenzione di autoescludersi dalla società bianca che li circonda. La verità è un’altra, viviamo in una società che considera i neri come un’entità altra, eccezionale. Siamo visti come una costola del mondo in bianco. Singolarmente riusciamo magari ad intrufolarci in alcuni spazi di questa normalità, ma sappiamo bene che uscendo dalla nostra zona di confort ci ritroviamo ad essere percepiti come marginali.

Non è una forma di ghettizzazione, ma un modo per relazionarsi e confrontarsi con persone diverse che però hanno un elemento in comune: il fatto di essere nere e vivere in una società a maggioranza bianca, con tutte le complessità che questo comporta. Talvolta può fare bene frequentare persone che non hanno bisogno di troppe parole per capire come ti senti, che non sminuiscono le tue preoccupazioni e comprendono le difficoltà che devi affrontare.

Infatti, credo che gli elementi collanti di ogni comunità nera siano l’empatia e l’immedesimazione. Succede spesso infatti che un nero si identifichi con la vittima di un pestaggio, di un’offesa, di un’ingiustizia di stampo razziale, perché è consapevole del fatto che sarebbe potuto benissimo trattarsi di lui e probabilmente gli è già capitato di trovarsi nella medesima situazione. Quando questi fatti accadono e tutti ne sottovalutano addirittura il peso personale e collettivo, ci sentiamo personalmente toccati perché il responsabile non esprime solo intolleranza individuale verso la sua vittima diretta, ma manifesta una posizione razzista basata su caratteristiche fisiche che sono anche le nostre e lo fa con l’avallo di tutti gli altri che osservano e tacciono. È come se la tua stessa società ti tradisse ed è bello talvolta sapere di non essere soli ad affrontare tutto questo.

Al contrario, non mi sembra di aver mai sentito parlare in Europa di un bianco aggredito fisicamente o verbalmente solo per il fatto di essere tale, questa è la differenza e anche il motivo per il quale i bianchi non si percepiscono come un gruppo sociale e non ne hanno neanche bisogno!

  1. Per noi è una cosa nuova

italia-sono-anchioPoteva valere forse 40 anni fa quando i nostri genitori iniziavano ad arrivare uno ad uno in Italia, ma oggi che siamo arrivati alla terza/quarta generazione di neri italiani pare alquanto anacronistico. Sono 35 anni che convivete con me e non ve ne siete mai resi conto? Cioè ve ne accorgete solo ora? Questo dimostra quanto tempo ci sia voluto per avere la consapevolezza che ci siamo anche noi, con le nostre sensibilità e le nostre esperienze, ed è giunto il momento che ci trattiate con il dovuto rispetto perché siamo a casa nostra, che vi piaccia o no!

Ci sarebbero tante altre cose di cui parlare, ma per ora limitiamoci a quelle elementari perché se veramente volete aiutarci a combattere il razzismo dovrete innanzitutto imparare ad ascoltarci e a mettervi nei nostri panni, solo così sarete in grado di essere obiettivi e marciare al nostro fianco con dovuto rispetto e piena consapevolezza.