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Dopo l’ennesima indecenza proferita da uno dei massimi esponenti dell’ignoranza made in Italy, sono rimasta colpita, non tanto dal fatto che esistano ancora persone in grado di concepire nelle loro menti distorte l’associazione nero=scimmia>essere inferiore, quanto dai tentativi di banalizzare le offese rivolte al Ministro Kyenge con una naturalezza disarmante.

In molti sostengono ancora che l’Italia non sia un paese razzista e, probabilmente, ci credono davvero. Evidentemente, in pochi sembrano rendersi conto dei piccoli episodi di razzismo, anche velato, con cui ogni nero deve confrontarsi quotidianamente in questo paese. Domande invadenti, sguardi insistenti, ipocrisie linguistiche e atteggiamenti indelicati sono all’ordine del giorno e, spesso, rappresentano la profonda incapacità di confrontarsi con chi è diverso o, in alcuni casi, il forzato tentativo di mostrarsi tolleranti, mascherando una curiosità impertinente con approcci confidenziali assolutamente fuori luogo.

Le discussioni che sento in questi giorni mi sembrano surreali: commentatori rigorosamente bianchi si confrontano sul problema del razzismo in Italia, esprimendo assurde valutazioni sulla tollerabilità di atteggiamenti e offese verbali nei confronti dei neri che, in altri paesi, scatenerebbero l’ira d’intere masse antirazziste. Poco importa delle insicurezze generate nei nostri figli piccoli, dei complessi insinuati nelle menti delle nostre nipoti adolescenti, del disgusto provato da noi adulti neri e dai nostri amici bianchi, anch’essi sconfortati da tali vicende; l’importante è strumentalizzare. È come chiedere a un vegano di esprimere la propria opinione sui cacciatori e decidere, in base al suo giudizio e dopo lunghi dibattiti televisivi, se la caccia debba essere proibita!

Avete mai sentito parlare del privilegio bianco? È un concetto utilizzato in alcuni contesti accademici nell’ambito della teoria critica della razza che definisce la posizione privilegiata di cui gode un individuo bianco rispetto ad un individuo nero all’interno dei medesimi contesti sociali, politici ed economici. Si riferisce a tutti i privilegi che, inconsapevolmente, condizionano positivamente la vita di qualsiasi bianco conferendogli vantaggi, più o meno percepibili, in tutti gli ambiti dell’esistenza collettiva. Il concetto del privilegio bianco implica anche il diritto (auto conferito) di sostenere l’universalità della propria esperienza, marchiando gli altri come diversi e percependo se stessi come normali.

In sostanza, il privilegio bianco, in antitesi alla discriminazione nera, è ciò che legittima alcuni individui a concedersi libertà impensabili per altri, come nel caso del nostro parlamentare leghista che, confidando nella sua supposta superiorità culturale ed etnica, si esprime utilizzando uno dei paragoni animaleschi storicamente e indiscutibilmente razzisti, giustificando il tutto con la presunzione di chi pensa di poter persino stabilire i limiti al ribasso della sensibilità altrui, ovviamente supportato da difensori pubblici con visioni altrettanto autoreferenziali della realtà.

Pertanto, fino a quando non acquisiremo una piena consapevolezza della dicotomia privilegio-discriminazione e continueremo a valutare il peso delle ingiustizie basandoci solamente sulla nostra percezione delle cose, non riusciremo mai a raggiungere una coscienza critica e sociale in grado di determinare una vera lotta contro il razzismo.

Per un approfondimento sulla Teoria critica della razza applicata alla libertà di espressione vi segnalo un interessante articolo di Giorgio Pino, Professore associato di Filosofia del diritto presso l’Università di Palermo: “Teoria critica della razza e libertà di espressione: alcuni punti problematici“.