Sembra che le stelle abbiano scelto per me una vita fatta di bivalenze. Nata sotto il segno dei gemelli, il destino mi ha persino riservato un’esistenza in bilico tra due culture. Non credendo nelle coincidenze, suppongo che qualcuno abbia deciso di mettere alla prova la mia capacità di convivere pacificamente con me stessa.
Se si trattasse di uno schizofrenico sdoppiamento della personalità, qualcuno potrebbe consigliarmi un bravo psichiatra. In realtà, si tratta “semplicemente” della tumultuosa convivenza di due forze inverse che si pervadono vicendevolmente al fine di ritagliarsi uno spazio vitale in un io talvolta troppo stretto perché possa contenerle. Una lunga lotta contro i miei alter ego: uno bianco, italiano e integrato; l’altro nero, straniero e irrequieto. Poi, ci sono io.
Questo potrebbe essere un comune punto di partenza, ciò che varia è il percorso che si vuole seguire per raggiungere il proprio equilibrio. La cosa più semplice che potrebbe accadere è decidere di schierarsi da un lato o dall’altro.
Se sei un mulatto troppo scuro per confonderti tra la folla, potresti convincerti di essere un vero nero. Questa è l’immagine che gli altri hanno di te e, per evitare di destabilizzare troppo le certezze altrui, potresti decidere di interpretare questo ruolo. Purtroppo, l’immaginario comune ti costringerebbe ad avere poche vie di fuga: diventare un atleta, un vero nigga American style o uno straniero immigrato. Poiché non tutti hanno il talento per sfondare nel mondo dello sport e nessuno aspira consapevolmente a diventare un potenziale emarginato, la scelta più conveniente è quella di incarnare il prototipo dell’afroamericano: musica hip hop, capelli con le treccine e ambienti underground.
Nel caso in cui i tuoi geni negroidi si fossero arresi sin dal principio o il tuo colore fosse solamente un piccolo difetto estetico, potresti invece convincerti di essere un vero bianco. In questo caso saresti costretto a cancellare ogni segno visibile della tua diversità e conformarti all’ambiente che dovrebbe accoglierti senza notare le tue differenze. Seguendo una perfetta tecnica di camouflage, ti lanceresti all’inseguimento di un’ostinata omologazione: musica italiana, capelli rigorosamente stirati e serate trendy.
Questi due approcci hanno un elemento comune, entrambi s’incardinano in rigidi stereotipi che non sono in grado di rappresentare la reale complessità della natura meticcia. Tuttavia, la difficoltà di trovare una dimensione alternativa risiede nel fatto che, sin da piccoli, siamo portati a identificarci con quello che conosciamo e, in Italia, è presto fatto: i bianchi da un lato, i neri dall’altro, e nel mezzo l’indefinito. Ci sentiamo in dovere di fare una netta scelta di appartenenza che per qualcuno potrebbe essere una soluzione in grado di garantire una certa stabilità emotiva.
Per quanto possa sembrare una visione semplicistica, essa non si discosta molto dalla realtà. La totale assenza di punti di riferimento e il prosperare d’idee preconcette collocano il meticcio in una sorta di limbo, in cui esso deve essere in grado di scardinare gli stereotipi e ricostruire una propria identità. Né bianca, né nera, essenzialmente mista.
Credo che questo sia l’unico modo in cui quell’io soffocato possa riuscire a crescere fino a contenere i suoi alter ego. Personalmente, dopo aver tentato di camuffarmi tra i bianchi e aver recitato la parte della nera del ghetto, ho trovato nei meandri dell’indefinito la mia dimensione meticcia. A quel punto, i miei alter ego si sono serenamente riappacificati ed io con loro.
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Cara Pagmetisse, credo che ogni “io” abbia molteplici identità che in alcune persone afro-qualcosa o italo-qualcosa o qualcosa-qualcos’altro si manifestano fenotipicamente, come nel tuo caso. Viviamo in un Paese in cui il timore del diverso chiude gli occhi -e la mente- alla ricchezza che invece si cela dietro alla diversità, nel tentativo ossessivo e indotto di ridurre l’altro al proprio schema conosciuto e, in quanto tale, rassicurante. Anche il grigio, d’altronde, non è il mero incontro di bianco e nero, un punto fisso e immutabile nel tempo e nello spazio: esistono innumerevoli sfumature di grigio. In quest’ottica, le persone, tutte, non sono altro che delle splendide e uniche nuance. Non tutti lo sanno. Tu, con questa tua riflessiva e onnicomprensiva consapevolezza, hai tutta la mia stima. Complimenti!
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Grazie Magika!
Sono d’accordo con te, ognuno deve fare i conti con la propria identità, che sia bianca, nera, gialla o arcobaleno. Se poi essa esce fuori dagli schemi prestabiliti, la difficoltà di rivendicare la libera espressione di se stessi non si limita più a una questione di colore ma, riguarda l’essenza stessa della propria unicità.
Certo, anche il grigio è fatto di sfumature, l’importante credo sia rendersi conto che esiste e poi scegliere la tonalità che si veste meglio che, nel tempo, potrebbe anche variare in relazione alle percezioni e alle evoluzioni di ognuno. Per questo parlo di “meandri dell’indefinito”, un luogo inesplorato in cui ognuno può trovare e creare la propria dimensione.
Ciao e a presto!
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Sei arrivata al nocciolo della questione. Benvenuta! Arrendersi all’evidenza, quello cioè di essere una identità nuova e proprio per questo orgogliosa di dover costruire qualcosa di sconosciuto per il mondo. A discapito di chi non crede, il grigio esiste. Lui, poverino, ha passato una vita intera cercando la giusta posizione tra il nero ed il bianco..alla fine si è dato un nome: GRIGIO. Esiste. E’ essenza. Con le proprie caratteristiche, incomprensibile ai più che hanno assoluta necessità di catalogarlo, di inserirlo in un qualche contesto per poterlo accettare. Invece il Grigio resiste e si AUTODEFINISCE. Il compito ora è difendere a denti stretti ciò che si è. Ciao, compagna!
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Ciao! Innanzitutto, grazie per aver apprezzato il mio blog e il post.
Ho da tempo raggiunto questa consapevolezza ma, mi sono resa conto che per gli altri, e anche per molti meticci, la questione non è ancora ben chiara. Ho pensato che mettendo tutto “nero su bianco”, il grigio potesse emergere con maggiore forza…Non si tratta solo di una questione personale ma di una nuova visione delle cose e, come dici tu, essa va costruita con il piccolo contributo di ognuno. Alla fine, chi non crede o non vuole credere dovrà rassegnarsi e accettare il grigio tra le sfumature di colore 😉
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Hai avuto la mia stessa sensazione. Direi tangibile. Anzi, ho constatato che parecchi si vergognano di questo e alternano momenti di “Negroidismo” fondamentalista ad altri di “Biancaggine” estrema. Da qui l’idea di lanciare una lenza. La consapevolezza è qualcosa che acquisisci con il tempo e pure l’equilibrio. Se poi hai una famiglia che già ti prepara la base per far fruttare il tuo nuovo essere, sei al top di ogni esigenza. Ma non siamo tutti così fortunati. Ed è per questo che il lavoro che abbiamo intrapreso (quello cioè di divulgazione) è di fondamentale importanza. E’ con vero piacere che faccio la tua conoscenza. A presto! 🙂
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Sì, ognuno ha i suoi tempi e il percorso è lungo e tortuoso. Se poi all’ambiente ostile si unisce anche la famiglia, il tutto si complica vertiginosamente. L’Italia è ancora molto lontana dai livelli d’integrazione auspicati, quindi spero che il fatto di parlarne possa aiutare le persone a capire qualcosa in più di questo sconosciuto universo, senza avere ovviamente la pretesa di parlare in nome di tutti, perché poi ognuno sceglie la propria strada. Ovviamente, piacere contraccambiato e complimenti per il blog!
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